Il Corriere della Sera,
sabato 20 giugno 1998Blair tradisce l'inglese colto
Il premier ora parla 'Estuary English' e scandalizza i puristi
In un'intervista TV il debutto della nuova pronuncia, più simile allo slang americano
By Matteo Persivale
Lo scrittore George Orwell, quello di 1984, sosteneva che 'gli inglesi portano la loro classe sociale marchiata a fuoco sulla lingua'. E indubbiamente in nessun Paese come nel Regno Unito l'accento con cui si parla tradisce - oltre alla provenienza geografica - anche gli studi fatti, l'educazione ricevuta, persino il genere di amicizie frequentate in gioventù. Proprio per questo il primo ministro Tony Blair, laureato ad Oxford, pochi giorni fa ha sorpreso tutti quando, durante un'intervista televisiva, ha parlato "Estuary English", un genere di pronuncia considerato dai puristi 'proletario', 'assai poco elegante' e - crimine imperdonabile Oltremanica - 'influenzato dallo slang statunitense'.
I 'sintomi'? La perdita delle t e delle h dal discorso del primo ministro: che si è guadagnato editoriali perplessi, sia da destra che da sinistra. E accuse di 'populismo' e 'snobismo alla rovescia'.
L'Estuary English infatti è una sorta di lingua franca usata da chi vuole rendere più elegante il suo accento d'origine e - paradossalmente - dai ragazzi delle public schools che vogliono perdere la loro pronuncia elegante per acquisire un tono più 'macho'. Fino a qualche anno fa andava di moda la received pronunciation, o il BBC English, l'inglese privo di particolari timbri reso popolare dagli speaker della tv e della radio pubbliche. Lo stesso accento che decine di migliaia di ragazzi cercano di imparare ogni estate durante i viaggi-studio nel Regno Unito.
Ora però l'Estuary English si diffonde sempre più rapidamente, soprattutto tra i professionisti che vivono a Londra ma sono nati altrove, magari in Scozia o in Irlanda (accenti, questi ultimi, assai poco graditi alle orecchie londinesi).
La sortita di Blair (c'è chi lo accusa di voler imitare l'accento del figlio Euan per apparire più giovanile) ha infranto un tabù importante, tanto che anche gli americani sul New York Times hanno notato la cosa con una certa soddisfazione.
L'accesso ai club esclusivi di St. James, gli inviti ai week-end 'giusti' nelle ville in campagna, perfino le promozioni nelle vecchie banche della City sono state legate da tempo immemorabile alla provenienza sociale. E quindi all'accento. La signora Thatcher, proletaria figlia di un rosticciere del Leicestershire, studiò per anni - con la consueta volontà di ferro - e infine perse il suo accento natale. E da primo ministro si lanciò in spericolate acrobazie lessicali per mantenere la pronuncia regale del suo accento nuovo di zecca.
Blair ora getta la maschera: la sua 'Nuova Gran Bretagna' democratica e populista, senza più Camera dei Lord e con Scozia e Galles sempre più indipendenti, pare contemplare anche un nuovo accento. Democratico, uguale per tutti, più simile a quello dei 'cugini' d'Oltremanica.
Quando il self-made man John Major arrivò a Downing Street, subito dopo l'era Tatcher, parlò della sua infanzia nel quartiere povero di Brixton per teorizzare la nascita di una classless society. Ma nei salotti buoni la proposta fu accolta con sarcasmo.
'Direi piuttosto che vuole una società senza classe', tagliarono corto gli ex allievi di Oxford e Eton nei loro club esclusivi. Blair, però, a differenza di Major, ascolta la musica che piace ai ragazzi. E Jarvis Cocker, leader dei popolarissimi Pulp e profeta involontario della Cool Britannia, in uno dei suoi maggiori successi canta: "I want to do whatever common people do". E, presumibilmente, anche parlare come loro.
Placed on the EE website 1999 07 06
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